Kiln, installazione pirofonica di Jacopo Naccarato e Bernardo Tirabosco, rinnova il legame senza tempo che, nel processo della creazione artistica, vede la trasformazione della materia fino alla sua estetizzazione.
L’intervento, costituendo una vera e propria ambientazione, prevede l’attività di tre forni in terracotta – realizzati dagli artisti stessi – e accesi con fuoco vivo; storicamente, elemento simbolico della metamorfosi. È questo, invero, il riferimento alla base della titolazione della loro operazione, che, riconducendo la dimensione concettuale dell’installazione a un vero e proprio archetipo culturale (il termine “kiln” indica la tipologia di camere termiche più antica tuttora conosciuta), si dimostra filologicamente connessa alla pratica primigenia della mutazione della materia in materiale, in forma, in oggetto, in opera d’arte.
Il tutto, nell’organicità del progetto, si arricchisce di una fase performativa determinante, dove performer adorni di abiti scarni e muniti di strumenti musicali, come in un rituale dalle proprietà tanto ancestrali quanto universali, mettono in funzione i forni. Nel vivo dello svolgersi di questa azione, gli attori interferiscono con il divenire del fuoco, quindi con il tempo della creazione, intonando, inoltre, sonorità che completano l’espressione di quel sentire originario di cui l’intervento dei due artisti è portavoce.
Così strutturato, il lavoro di Naccarato e Tirabosco comprende nei suoi passaggi i quattro elementi fondamentali; ovvero la terra dell’argilla, l’acqua utilizzata per plasmarla come forno, il fuoco all’interno di questo che arde dissipando il fumo nell’aria. Tale complessità si rispecchia nelle scelte di linguaggio qui effettuate dai due autori, i quali coniugano, in un’unica operazione, la fisicità della materia all’immanenza del corpo in movimento e all’evanescenza del suono, delineando un’esperienza sinestetica.